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Nata tra le montagne, ama visceralmente il mare. D’indole girovaga, si scopre stanziale nell’intimo. Accerchiata dal plurilinguismo, lotta con un’unica vera ossessione (mestiere oblige): l’italiano.

Donna, figlia, madre, sorella. Poi anche traduttrice e blogger. Illusa che il tempo non finisca mai. E allora da grande, chissà…

DICE ANCHE

Dove sono nata io, tutti sanno cos’è la toponomastica.

Se non hai ma sentito parlare di UWC e se hai figli (o hai meno di 17 anni), dai un’occhiata (alias cerca in internet).

Sì, ho usato anch’io “septante, huitante, nonante”, e sono sopravvissuta, ma a dire il vero non mi sono mai piaciuti.

Il venerdì sera in Inghilterra e io non abbiamo mai legato.

“Gruetzi mittenand” non è una parolaccia, lo puoi usare.

Il “settesimo piano” e la “vista imprendibile” esistono a circa 70 chilometri a nord di Milano.

“Nin xin ku le” è una delle mie espressioni preferite in mandarino.

FAZIT

Passare dall’Italia (qualcuno sorriderebbe evocando una certa crisi identitaria della mia provincia) alla Svizzera francese, all’Inghilterra, alla Svizzera tedesca, poi italiana (quel Ticino piccino), di nuovo tedesca, alla Cina e per finire (ma guai a pensare per sempre) ancora alla Svizzera tedesca, fa venire un gran mal di testa. Non sono però note altre controindicazioni.

ESTEMPORANEE

Singapore non è la Svizzera, però una manciata di parallelismi li ho riscontrati.

La Cina non è l’Italia, ma quante volte mi sono trovata a dire o pensare “i cinesi sono come gli italiani, solo una famiglia in più”.

New York vista dopo Shanghai non è meno bella, solo più bassa.

Lo svizzero tedesco non è la plus belle langue du monde, però vuoi mettere la sua capacità di parlarci di vizi e virtù?

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