Motore spento.
– Tutto perfettamente ricostruito, vero? – dice la ragazza.
– Be’ non proprio tutto, la mia macchina è cambiata, adesso è una citroen – risponde il ragazzo.
– Però il vestito che hai è lo stesso di allora, il cavalcavia è questo e… la cura con la quale tieni pulita la tua macchina…
– Che hai da dire sul mio senso dell’igiene?
– Niente. Dico che non ce l’avevi allora e che… kinder brioss, kinder bueno e… quelle cosa sono? Cipster? E che per non buttarle dal finestrino le butti qui per terra.
– Non sono Cipster.
– Come dici?
– Sono Pringles.
– Ma quanto sei scemo?
Motore acceso.
– Andiamo già via? – dice la ragazza.
– Mi mette malinconia ‘sto posto – risponde il ragazzo.
– Ma se sei voluto venire tu qui… Doveva essere un momento per ricordare quello che siamo stati.
– Sì, ma quel momento è finito adesso.
– Ah, funziona così? Io mi rimetto il vestito rosso della nostra prima volta, tu mi porti in quello stesso posto, ti vesti come un pinguino e ora? Ce ne andiamo?
– È stato un bel giochino. Ora basta, non credi?
– Basta cosa? Mi piaceva che è tutto come allora.
– Non capisci? Noi siamo cambiati. Non siamo più i ragazzini di dieci anni fa.
– Tu sei il solito stronzo.
– Perché ti ostini a non capire? E poi, smettila di urlare.
– Io capisco che sei un…
– Andiamo va’, ora ho capito perché ci siamo lasciati. E questo qui che vuole?
– Chi?
– ‘Sto tipo vestito come un controllore.
L’automobile fa retromarcia, poi si ferma. Lui guarda in silenzio la ragazza con il vestito rosso fumare una sigaretta. Dieci anni fa fumare le faceva schifo. Guarda l’interno della sua macchina come a cercare delle parole da dire in mezzo a pezzi di Pringles. Guarda quel tizio in blu allontanarsi da loro con le mani in tasca, sicuro, deciso, come mai lui era stato in passato. Come non era neanche adesso che avrebbe dovuto spezzare quel silenzio, chiederle cosa le avesse sussurrato nell’orecchio quello sconosciuto, vincere quella stupida forma di rispetto. Ci pensò lei, come sempre. Serafica. Netta. Presente.
– Aveva ragione lui, sei tu che non hai capito niente.
…sono un po’ confusa. Forse devo rileggere. Mi sfugge il finale.
Mi sembra decisamente complicato scrivere un racconto così breve. Viene voglia di sapere cosa è successo dieci anni prima 🙂
Questa voglia che viene, è proprio il punto direi. Molto bene!
Grazie a tutti per i vostri commenti e le vostre letture. Confondetevi pure è una forma di resistenza al dilagare della realtà. E con questa posso congedarmi da grante attista! =)
D’