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Il dottor O’Keefe era appena tornato dal consueto giro di visite agli anziani del paese, quando vide avvicinarsi a casa sua un uomo a cavallo.

L’uomo aveva i lineamenti ed i colori della gente del Sud. L’andatura e l’espressione non promettevano niente di buono.

“Al ranch dei Connors, dottore, è urgente” gridò l’uomo, non appena fu abbastanza vicino. Il vento della sera portò alle orecchie di O’Keefe la sua voce implorante e imperiosa.

Montò subito a cavallo, tenendo stretta tra le briglie la borsa degli attrezzi e dei medicinali, e seguì l’uomo a biglie sciolte giù per la vallata e poi nel folto degli alberi.

Il ranch di Connors si trovava in posizione isolata, da circa 70 anni, quando il capostipite della famiglia ne aveva iniziato la costruzione; da quando O’Keefe si era trovato ad esercitare la professione in quello sperduto villaggio del West ne aveva solo sentito parlare qualche volta, da gente del paese che ci aveva lavorato, durante la stagione della frutta o della vendemmia. Ora, nonostante la fretta del momento e l’ansia che gli comunicava la cavalcata impaziente della sua guida, si trovò a rubare qualche scorcio di paesaggio, a incantarsi per la generosità del verde o la bellezza delle cascate dopo una sola, rapida occhiata.

Man mano che i cavalli si inoltravano nella boscaglia, O’Keefe si sentiva invadere dalla bellezza primordiale del luogo: si sentiva come se fosse stato il primo uomo ad attraversare quei luoghi, e questa sensazione gli comunicava un senso di energia e di vigore inconsueto per la sua età avanzata e per l’accavallarsi degli impegni quotidiani. Forse stimolata da tante emozioni, la sua mente iniziò a dipanare i ricordi di una vita, da quelli più vicini a quelli più remoti, che forse non sapeva lui stesso di avere vissuto. Succedeva però una cosa strana: che non appena si stupiva per l’affacciarsi di un ricordo dal pozzo della memoria, questo veniva immediatamente cancellato, e sostituito da uno più lontano. Ritrovò così il suo primo amore, e i suoi compagni di giochi d’infanzia; si rivide, in fasce, accucciato al seno materno, e gli sembrò di risentire l’odore, e il calore di quei momenti. Il paesaggio correva dietro di lui, sempre più vergine e inesplorato. Il ranch dei Connors non doveva essere ormai lontano. Forse per la fatica della cavalcata il dottore iniziava a sentire caldo; si liberò del cappello, improvvisamente troppo grande e ingombrante, e poi della giacca. Nonostante ciò, anche la camicia e le braghe iniziarono a sembrargli spropositate; era come se il suo corpo stesse implodendo, risucchiato all’indietro da quella corsa a perdifiato.

Ecco, finalmente il dottore iniziò a intravedere una costruzione: doveva essere il ranch di cui aveva sentito parlare.

Guardando giù nella vallata si accorse però di uno strano movimento di operai, che si affaccendavano a tirar su il tetto dell’edificio; finalmente si disse che non poteva essere il ranch di Connors, quella costruzione ancora agli inizi attorniata da un nugolo di uomini, come formiche attorno ad un pezzo di pane.

“Ecco, ci siamo” disse invece, fermando il cavallo, il suo accompagnatore.

O’Keefe ascoltò con un brivido la voce da bambino che aveva pronunciato quelle parole. alzò gli occhi, e vide, sul cavallo, un bambino che gli sorrideva, guardando a lui come a un nuovo compagno di giochi. Ma O’Keefe – lo stimato dottore, il brillante studente, l’innamorato sfortunato, il compagno di avventure allegro e leale, il figlio affettuoso e amorevole -, O’Keefe, semplicemente, avanzò ancora sul suo cavallo in direzione del ranch, sentendosi a ogni passo risucchiare all’indietro: un bambino solo, che cammina verso il suo passato, poi, più nulla.

2 thoughts on “Francesca Anili – Rewind

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